Gregorovius,
nella sua Storia di Roma nel Medioevo, così scrive:
"Da lungo tempo esisteva a Roma la corporazione degli
orefici, dapprima associati ai sellai e ai fabbri; separatisi
da costoro nel 1509 si costruirono, col beneplacito di Giulio
II, la chiesa di S. Eligio in Via Giulia, il cui progetto
è di Raffaello".
L’onore, la storia, la cultura del "Nobil Collegio
degli orafi ed argentieri di Roma" è chiaramente
espressa dal Gregorovius, in poche righe, a testimonianza
di quanto potere e professionalità godevano gli orafi
romani.
Professionalità, cultura e, soprattutto, amore per
il proprio lavoro sono proprietà rimaste vive nel
tempo tra i membri del Nobil Collegio, contribuendo a mantenere
vivo e attuale lo spirito e le finalità della Congregazione
L’Università degli Orefici, Ferrari e Sellari,
la “VI Corporazione”, aveva sede presso la
chiesa di San Salvatore alle Coppelle eretta nel 1196
sotto il Pontificato di Celestino III.
Solo più tardi nel 1404 le tre Arti si separarono
dando origine ognuna ad una autonoma confraternita, pur
rimanendo la sede sempre la stessa e così pure
il santo protettore: Sant’Eligio Vescovo di Nojon.
Da un documento datato 5 Aprile 1430, rinvenuto dal Professor
Franco Lucio Schiavetto pressso l’Archivio Segreto
Vaticano, si evince che, già da quell’anno
esisteva la Corporazione degli Orafi, poiché ai
Consoli era affidato il controllo di tutte le emissioni
di moneta della Zecca Pontificia, la cui sede era situata
vicino la Chiesa dei Santi Apostoli.
Agli albori del XVI secolo gli orafi fino all’ora
inseriti nelle”artes mechanichae”, la casta
più bassa dei mestieri, vollero realizzare il proprio
sogno, quello di fondare una confraternita completamente
autonoma per inserirsi nell’olimpo degli artisti.
Lo sforzo politico, economico e organizzativo per la realizzazione
del progetto lo si deve ad un gruppo di quarantadue orafi,
parte romani, parte al seguito della Corte Pontificia,
come risulta dagli atti dell’Archivio Storico di
S. Eligio, che si riuniscono il 13 Giugno 1508 nell’oratorio
dei S.S. Pietro e a Paolo per fondare l’Università
degli Orefici, e il successivo 23 Giugno in congregazione
plenaria presso la chiesa di S. Lucia per stabilire e
fissare gli ordinamenti della costituenda Università.
Nella stessa riunione decisero altresì, ritenendo
non più adatta la utilizzazione della chiesa di
S. Salvatore alle Coppelle in condominio con i ferrari
ed i sellari di affittare (o acquistare ?) un terreno
sulle rive del Tevere dove sorgeva l’antica Chiesa
di S. Eusterio per costruirvi una nuova chiesa ed avere
così una sede per riunirsi autonomamente. Il 25
Giugno dello stesso anno gli Orafi sottoposero il nuovo
statuto e la richiesta per la costruzione della nuova
chiesa al Santo Padre. L’approvazione verrà
concessa il 12 Giugno 1509 da Papa Giulio II della Rovere
con “breve” che autorizzava “li diletti
figlioli dell’Università delli Orefici in
Roma di costruire ed edificare et di far fabbricare una
chiesa,ovvero cappella, sotto detta invocazione di Sant’Eligio,
in strada Giulia e in loco che per tale effetto si trovasse
più comodo”.
Il progetto della chiesa, dopo varie vicissitudini, fu
affidato a Raffaello Sanzio, che impresse l’edificio
del suo genio, facendo della piccola costruzione un gioiello
da tramandare ai posteri.
La Magistratura delle Strade il 6 Dicembre 1514, in previsione
della rettifica delle strada che unisce Via Giulia al
Tevere espropria gli orafi del terreno su cui si trova
la Chiesa di S. Eusterio, che verrà quindi demolita,
in ricompensa gli orafi ottengono un’area prospiciente
la nuova strada. Dai documenti dell’Archivio storico
di S. Eligio risulta che l’inizio dei lavori per
la costruzione risale al 1516 e la prima riunione della
Congregazione si tenne nel 1522 all’interno dell’edificio
non ancora dotato della cupola.
La fondazione dell’Università e la consacrazione
della Chiesa segnarono un importante duplice punto di
arrivo e di partenza per gli orafi romani, sottolineando
il definitivo distacco dalle Congregazioni dei metalli
vili e l’inizio della qualificazione artistica del
proprio mestiere.
A capo dell’Università degli Orefici venivano
posti un Camerlego e tre Consoli, il cui compito primario
era quello di controllare il mercato orafo; imperava,
infatti, il divieto assoluto di esercitare l’arte
orafa od aprire una bottega senza l’autorizzazione
della Corporazione che, dopo un attento esame rilasciava
una licenza denominata “Patente”. Quest’ultima
era emessa in duplice copia, una era consegnata al maestro
e l’altra depositata nell’archivio della corporazione.
Le patenti ancora oggi sono conservate presso l’Archivio
storico dell'Università degli Orafi, che, tra tutte
può vantare anche quelle dei maestri argentieri
Valadier e Belli.
In questo contesto, intorno al quale già orbitavano
artisti come Raffaello e Bramante
giunge giovanissimo a Roma nel 1519 Benvenuto
Cellini ed è lavorante presso il Fiorenzuola
( maestro Giovanni de Giorgi ) Console dell’Università.
Nel 1520 il suo voler trasferirsi presso il maestro Paolo
de Arsago, uno dei 42 fondatori del Università
provoca il risentimento del primo, la disputa viene appianata
dal maestro Antonio di Paolo de’ Fabbri da San Marino,
da lui chiamato il Vecchione “primo piu’ eccellente
orefice di Roma” che rappresenta inoltre il collegamento
tra il Sodalizio e Raffaello.
Antonio da San Marino anche lui tra i soci fondatori lavora
nel 1513 con l’Urbinate nella Cappella Chigi in
Santa Maria della Pace ed in Santa Maria del Popolo, garantisce
il pagamento dell’erigenda chiesa di S.Eligio, acquista
nel 1518 per conto di Raffaello una vigna ed è
nominato nel testamento dell’Urbinate.
E’ in questo periodo che il Cellini come Lui stesso
scrive nella sua biografia, oltre a lavorare nella bottega
di Santi di Cola come maestro orafo, collabora con Michelangelo
e Raffaello e Giulio Romano andando “ ..quando
a disegnare in Cappella di Michelangelo, e quando alla
casa di Agostino Chigi…. di mano dello eccellentissimo
Raffaello da Urbino..” cioè ai disegni per
la Cappella Sistina e per la Farnesina.
Nel 1530 Cellini dopo aver presentato un saggio di lavoro
e superato davanti ai Consoli un esame sulla conoscenza
delle pietre preziose è nominato maestro e apre
una sua bottega ai “Banchi” come si evince
consultando a pagina 4 il “Libro delle entrate e
delle uscite del Camerlengo 1530 – 1546 “
volume che fa parte dell’Archivio Storico dell’Università
.
Quindi intorno all’Università degli Orefici
crescono e sviluppano la propria arte i maggiori artisti
del Rinascimento italiano quali Bramante, Cellini,
Giulio Romano, Michelangelo e Raffaello che consegneranno
al mondo il genio delle loro opere immortali.
La vicinanza tra Raffaello e l’Università,
cementata dall’amicizia con Antonio da San Marino
e dal progetto per la erigenda chiesa di Sant’Eligio
ha il suo naturale epilogo nel settembre del 1833 quando,
dopo il ritrovamento nel Pantheon del sepolcro dell’Urbinate
, furono affidati ai Consoli dell’Università
i frammenti della cassa di Raffaello che ancora oggi figurano
tra i cimeli storici del nostro archivio.
Il prestigio sociale e il potere economico che l’Università
degli Orefici man mano venne assumendo lo si ritrova in
alcuni privilegi di cui godette la Congregazione quali
quello di prendere parte alla grandiosa processione, detta
anche “delle Arti” , la notte del 15 Agosto
in onore del SS. Salvatore, come da decreto del Senato
Romano del secolo XVI in cui si disciplinava l’ordine
di precedenza della processione dando agli Aurifices un
posto preminente. Inoltre dal 21 ottobre del 1611, con
“breve” di Paolo V Borghese all’Università
veniva accordata la facoltà di liberare un condannato
a morte il 25 Giugno, in onore della festività
di S. Eligio.
S. Eligio (590 – 665 d.C.) orefice, maestro di zecca,
Vescovo di Noyon e consigliere dei sovrani merovingi,
venne assunto a protettore degli orafi oltre che per la
sua alta professionalità e onestà, per aver
fondato alcuni conventi dove il lavoro manuale, e in particolare
modo le tecniche legate all’oreficeria e all’argenteria,
venivano studiate, applicate con maestria e diffuse nel
mondo cattolico.
Dalla sua biografia sappiamo che dopo aver appreso la
sua arte a Limoges, il più importante centro d’oreficeria
della Francia sud-occidentale fin dall’epoca dei
romani, servì la corte del re di Francia con tale
onestà e competenza da divenire, oltre l’artiere
prediletto, consigliere e ambasciatore di corte. Delle
sue numerose opere, oggi rimane soltanto, oltre ad alcune
monete, l’importante frammento di una grande croce
incastonata conservata nel Gabinet des Médailles
a Parigi. Pisanello a Treviso nella chiesa di Santa Caterina,
ma maggiormente il dipinto del 1449 del fiammingo Petrus
Christus “S. Eligio orafo, visitato nella sua bottega
da due fidanzati” - New York coll. Lehmann –
contribuirono a diffondere il culto del Santo. Grazie
all’intercessione dell’ambasciatore di Francia
presso la Santa Sede, il 22 giugno 1628 arrivò
a Roma, dopo anni di trattative tra il vescovo di Noyon,
nella cui abbazia riposa tutt’oggi il corpo, e il
Nobil Collegio, una reliquia del Santo che venne deposta
e tuttora amorevolmente conservata in un pregiatissimo
busto-reliquario, di fattura barocca, realizzato dal maestro
Giovanni Pallottola, in argento sbalzato e ritoccato al
cesello.
Nel 1655 l’Università rinnovava i propri
statuti (una copia si conserva nell’Archivio Capitolino
e un’altra nell’Archivio di Stato) e nel 1692
fu approvato lo statuto dell’Università dei
giovani, a cui i maestri concessero in uso perpetuo l’altare
detto “del Presepe” nel transetto sinistro
della chiesa.
Con l’approvazione di Clemente XII Corsini, nel
1738 - pubblicazione del 1740 - il Collegio riformava
nuovamente i propri statuti nei quali, per la prima volta,
il Sodalizio assumeva definitivamente il nome di “Nobil
Collegio degli Orefici ed Argentieri di Roma” avendo
accorpato, dopo il 1650, gli argentieri già appartenenti
all’Università del “battiloro”
(se ne conserva copia nella Biblioteca V. Emanuele, nell’Angelica
e nell’Archivio Capitolino).
Il Collegio fin dal suo nascere ebbe un ruolo di mutuo
soccorso, di assistenza alle giovani distribuendo, ogni
anno il 25 giugno, un certo numero di doti. Dagli archivi
risulta che nell’anno dell’unità d’Italia,
il 1870, l’Università conferì alle
ragazze bisognose cinque doti di scudi 25, 21, 20 e due
di scudi 12,50.
Durante il periodo napoleonico il Nobil Collegio dovette
sottostare alle normative francesi, ma successivamente
non subì la soppressione, come ogni altra corporazione
d’Arti e Mestieri, da parte del Pontefice, Pio VII
Chiaramonti, e nel gennaio del 1820 riuscì a ripubblicare
i propri statuti.
La floridezza del Nobil Collegio venne a cessare il 20
Settembre 1870, con l’applicazione dello Statuto
Albertino alla giovane nazione, statuto che prevedeva
lo spoglio dei privilegi e delle prerogative ma soprattutto
esclusione delle organizzazioni artistiche ed artigiane,
alle pubbliche attività. Impossibilitati così’
a svolgere la loro attività statutaria, i maestri
romani, nell’ultima Congregazione Generale del 9
Giugno 1873 deliberarono di costituirsi in “Consorzio
degli Orefici ed Argentieri Capi d’Arte di Roma”
, per il quale con R. Decreto del 19 Dicembre 1875 ottennero
il riconoscimento come Corpo Morale.
Il Consorzio svolse soprattutto opera di assistenza, continuò
a distribuire sussidi per i soci infermi od invalidi,
provvide all’amministrazione dei lasciti per le
doti assegnate sempre con grande regolarità ricavando
i fondi indispensabili dalle rendite dei beni immobili
e mobili e, soprattutto, dai contributi volontari dei
soci.
Sorgeva, parallela al consorzio, anche la “Cassa
Mutua”, ma senza alcun legame con il passato. Il
ruolo sociale fin qui svolto dal sodalizio venne gradatamente
sostituito dalla costituzione di enti statali per l’assistenza
e la sanità.
Per quanto riguarda invece il ruolo tecnico svolto dal
Consorzio all’interno del settore esso fu soppiantato
dalla nascita degli organi territoriali adibiti allo sviluppo
economico del Regno d’Italia.
Il Consorzio prosegue, tuttavia, la sua vita di custode
delle tradizioni, dei tesori artistici, e dell’Archivio
Storico, unico punto di riferimento culturale nello sviluppo
dell’attività orafa.
Il 9 Ottobre 1971 il “Consorzio degli Orefici ed
Argentieri Capi d’Arte di Roma” assume definitivamente
il ruolo culturale ormai consolidato negli anni trasformandosi
con decreto del Presidente della Repubblica in “Università
e Nobil Collegio degli Orafi Gioiellieri Argentieri dell’Alma
Città di Roma” e iniziando una rinnovata
vita culturale all’interno di essa.
L’Università ha da sempre conservato nel
suo interno il proprio archivio che risulta essere uno
dei più interessanti del settore per la sua specificità
e ampiezza, e per essere uscito incolume dai meandri della
storia. Recentemente, verso la fine degli anni ottanta
ha avuto inizio il riordino dell’Archivio a cura
della Soprintendenza degli Archivi Storici del Lazio,
ed il suo trasferimento, dopo la fine dei restauri avvenuti
nel 1993. nell’attuale sede attigua alla chiesa,
di proprietà dell’Università.
Dal 1990 il Collegio organizza manifestazioni artistiche
e culturali come corsi, conferenze, concerti, mostre ed
esposizioni aprendo il monumento ai romani e agli appassionati
d’arte.
Nel 1992 il Collegio si presenta ospite eccezionale insieme
al museo Nazionale di Castel S’Angelo della mostra
“I Tesori di S. Pietroburgo” per la prima
volta esposti in Italia.
Momenti particolarmente significativi per la vita del
Nobil Collegio sono stati l’istituzione, nel giorno
commemorativo del Santo Patrono, del Premio annuale “Università
degli Orefici” attribuito a eminenti personalità
del mondo della cultura e dell’arte e ad anni alterni
dei Premi biennali “Armando de Simoni” per
giovani apprendisti orafi e designers, “Gilberto
Lefevre” per giovani cesellatori, e del Premio “Edelmiro
Vespasiani Gentilucci” per laureandi con tesi riguardanti
il settore del mondo e dell’arte orafa intitolati
alla memoria di eminenti orafi soci dell’Università.
La Chiesa di S. Eligio degli Orefici è attorniata
da cinquecentesche costruzioni, facenti parte della dotazione
“de’beni della Chiesa”, come risulta
dalle iscrizioni affisse sugli stabili, tuttora amministrate
dal Sodalizio e facenti parte del patrimonio immobiliare.
Gli orafi ed argentieri del “Nobil Collegio dei
Gioiellieri Orefici ed Argentieri dell’Alma città
di Roma” , per quasi quattro secoli hanno rivestito
cariche importanti ed espletato funzioni caratteristiche:
maestri, pesatori e saggiatori della Zecca dello Stato
della Chiesa, pesatori e stimatori del Sacro Monte di
Pietà, verificatori di pesi e misure con propria
giurisdizione e con un gran numero di franchigie, privilegi
diritti ed onori, senza mai tralasciare la propria attività
artistica.
Il Collegio degli orafi e argentieri annoverò,
e annovera, molto spesso personalità artistiche
affermate, ricche di capacità e sensibilità,
che contribuirono, e contribuiscono, a mantenere alto
il prestigio della categoria.